25 Novembre 2025
Totò, peppino...e la malafemmina

Ci sono film che non invecchiano mai, che resistono al passare delle mode e rimangono impressi nella memoria collettiva. Uno di questi è senza dubbio Totò, Peppino e la… malafemmina, uscito nel 1956 sotto la regia di Camillo Mastrocinque. Una commedia che ha fatto ridere milioni di spettatori e che ancora oggi viene citata, rivista e amata, come se fosse stata girata ieri.


La trama: una storia semplice che diventa grande

La vicenda ruota intorno a due fratelli campagnoli, Antonio Caponi (Totò) e Peppino (Peppino De Filippo). Antonio è il primogenito, sempre pronto a sperperare denaro e a correre dietro a ogni gonna che gli passa davanti. Peppino, al contrario, è tirchio e pauroso, il classico uomo che preferisce non rischiare nulla pur di sentirsi al sicuro.

Il loro nipote Gianni, studente di medicina a Napoli, si innamora di Marisa, una ballerina di avanspettacolo. Per seguirla, lascia gli studi e si trasferisce a Milano. Per la famiglia è uno scandalo: una donna di palcoscenico non può certo portare altro che disonore! Così i fratelli, insieme alla sorella Lucia, partono alla volta della metropoli lombarda con un obiettivo preciso: riportare Gianni a casa e convincere Marisa a lasciarlo.

Ma le cose non vanno come previsto. Totò e Peppino, pesci fuor d’acqua in una Milano frenetica e moderna, combinano una serie infinita di pasticci, dando vita a gag entrate nella storia. Alla fine, sarà la madre di Gianni a capire che l’amore tra i due giovani è sincero e che Marisa non è affatto la “malafemmina” che tutti temevano.

La scena della lettera: un’improvvisazione diventata leggenda

Chiunque conosca questo film lo associa subito alla scena della lettera. Totò detta e Peppino scrive, con l’italiano approssimativo e l’assurda solennità che solo loro potevano avere. In realtà, quella sequenza non era nemmeno prevista nel copione: fu frutto di improvvisazione sul set.

L’aiuto regista Ettore Scola, che sarebbe poi diventato uno dei grandi autori del cinema italiano, raccontò che furono proprio Totò e Peppino a trasformare una scena banale in un momento immortale. Peppino, non sapendo più dove scrivere, arrivò persino a riscrivere l’ultima riga sovrapponendo parole su parole. Un errore tecnico? Forse. Ma fu proprio quella naturalezza a rendere la gag indimenticabile.

Le location: Napoli, Milano… e un po’ di Roma

Il film gioca molto sul contrasto tra il mondo contadino del Sud e la grande città del Nord. Ma curiosamente, molte delle scene ambientate a Milano non furono girate lì.

  • Il famoso lancio dei sassi alla finestra del vicino Mezzacapa venne girato in via Ponte di Nona, alla periferia est di Roma.
  • La stazione che appare nel film è quella di Lunghezza, sempre nei dintorni della Capitale.
  • La villa in cui Gianni e Marisa trascorrono del tempo insieme è la splendida Villa Volpicelli a Posillipo, Napoli, che oggi i fan di Un posto al sole riconoscono come Palazzo Palladini.

E poi c’è la musica: Teddy Reno canta “Malafemmena”, brano scritto da Totò nel 1951, che diventa il filo rosso del film. Una canzone struggente e malinconica che fa da contrappunto all’ironia della commedia, ricordandoci che sotto la risata può nascondersi la poesia.

Incassi da record e critiche feroci

Al botteghino il film fu un trionfo: quasi 680 milioni di lire incassati e oltre 4,5 milioni di spettatori in sala. Numeri che oggi farebbero gola a qualsiasi blockbuster.

Eppure la critica dell’epoca non fu tenera. Il quotidiano Avanti! lo definì una “farsa grossolana”, accusando la pellicola di essere avanspettacolo di serie B. Una stroncatura pesante, che però non scalfì minimamente l’affetto del pubblico.

Con il tempo, i giudizi si ribaltarono. Oggi, manuali e dizionari di cinema parlano di “scena della lettera da antologia” e definiscono il film “un vero cult movie, infarcito di gag che hanno fatto scuola”.

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